Harmony Test

Anche in Italia è possibile fare un nuovo esame di diagnosi prenatale. Si chiama Harmony Test e serve ad analizzare il Dna fetale che si trova in circolo nel sangue, individuando eventuali anomalie cromosomiche. Sempre più future mamme vogliono fare ricorso a questo tipo di esame, perché si tratta di una tecnica di diagnosi prenatale non invasiva. Vediamo di capire meglio come funziona e quanto sono attendibili i risultati ottenuti.

Quando fare l’Harmony Test

L’Harmony Test si può effettuare a partire dalla decima settimana di gravidanza, cioè due settimane prima della villocentesi e ben sei settimane prima dell’amniocentesi. Si analizza il Dna fetale che si trova in circolo nel sangue materno, alla ricerca di possibili anomalie cromosomiche. Il risultato di questo test arriva nel giro di due settimane e sempre essere molto affidabile, con un tasso di falsi positivi che si aggira intorno allo 0,1% (la percentuale dei falsi positivi dell’ultrascreen può anche arrivare al 5%).

Questo tipo di esame punta all’individuazione delle tre principali trisomie:

  1. trisomia 21 (nota come Sindrome di Down);
  2. trisomia 18 (Sindrome di Edwards);
  3. trisomia 13 (Sindrome di Patau).

Al momento, viene consigliato di fare l’Harmony Test soltanto alle donne a rischio, cioè quelle che hanno più di 35 anni e che hanno avuto un risultato positivo al test combinato del primo trimestre. Gli studi condotti su questo tipo di pazienti hanno dato risultati interessanti in merito all’accuratezza del test, mentre sono ancora in corso le valutazioni per quanto riguarda l’efficacia sulle donne a basso rischio.

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Una cosa molto importante da sapere quando si parla di Harmony Test è che, anche se risulta un profilo di rischio elevato, ciò non vuol dire necessariamente che il feto abbia un’anomalia cromosomica. È probabile che, in questi casi, vengano prescritti ulteriori esami, come l’amniocentesi, in modo da approfondire la situazione.

Dove si effettua l’Harmony Test?

A frenare gli entusiasmi in merito all’Harmony Test è anzitutto il costo. Questo esame, infatti, non è coperto dal Servizio Sanitario Nazionale e ha un prezzo che può anche raggiungere i 700 euro. In Italia esistono diversi centri ai quali chiedere informazioni, come:

I contro dell’Harmony Test

Il Fatto Quotidiano ha approfondito l’argomento, realizzando un’indagine sul test prenatale Harmony. Secondo il quotidiano, le problematiche sono legate anzitutto ai falsi positivi, che lo renderebbero incapace di prevedere la presenza di una malattia cromosomica. Per questo motivi, alcuni membri dell’American College of Medical Genetics and Genomics hanno proposto di considerare il test come valutativo dei rischi, non come diagnostico

Il secondo neo riscontrato nell’Harmony Test (studiato e prodotto dall’azienda statunitense Ariosa Diagnostics) è la mancanza d’approvazione della Food and Drug Administration, l’agenzia statunitense che si occupa della sicurezza dei farmaci. Inoltre, il test prenatale non reca sulla confezione il marchio CE che serve a certificare la validità del farmaco in Europa.

Harmony Test e Amniocentesi: cosa cambia?

Parlando di Harmony Test, abbiamo citato l’amniocentesi. Di cosa si tratta?  L’amniocentesi è un esame effettuato attraverso il prelievo transaddominale di liquido amniotico dall’utero. La procedura viene utilizzata per ottenere campioni biologici per una diagnosi prenatale: così si possono indivisuare problemi cromosomici e in particola la trisomia 21, cioè la Sindrome di Down, le malattie ereditarie del feto e alcune malattie del sistema nervoso centrale.

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Il liquido amniotico consente di tracciare una sorta di “carta d’identità” cromosomica del feto. Di solito l’amniocentesi viene consigliata alle donne che hanno superato i 35 anni e anche nel caso in cui ci sia un forte rischio di malattie ereditarie o di famiglie con precedenti casi di Sindrome di Down. Non è, ovviamente, un esame obbligatorio: è il medico a consigliarla, a seconda dei casi. Può essere praticato a partire dalla sedicesima settimana di gravidanza.

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